Ad un anno dalla pubblicazione dei dati del primo Censimento permanente delle istituzioni no profit, l’Istat ha divulgato le stime aggiornate al 2016 sulla consistenza e le principali caratteristiche strutturali del terzo settore.
Da quanto emerso, vediamo che Pingo è in linea con il mondo del non profit italiano, in quanto è formata da una squadra giovane in cui operano 58 soci, composta al 40% da lavoratori disabili e per il 62% da donne, con la totalità dei contratti a tempo indeterminato.
Di seguito, un riassunto di quanto riportato in Struttura e profili del settore non profit.
Dai dati presentati, è in evidenza la crescita del panorama del non profit italiano.
Al 31 dicembre 2016 sono ben 812.706 i dipendenti impiegati (+3,1% rispetto al 2015) in 343.432 istituzioni non profit (+2,1% rispetto al 2015) attive in Italia.
Riguardo alle imprese operative in Italia, è in aumento la percentuale di non profit rispetto al complesso delle imprese dell’industria e dei servizi: dal 5,8% del 2001 al 7,8% del 2016 per le istituzioni e dal 4,8% del 2001 al 6,9% del 2016 per gli addetti.
Nel biennio 2015-2016, le istituzioni crescono di più al Nord-ovest (+3,3%) mentre i dipendenti soprattutto nelle regioni meridionali (+5,8%).
La distribuzione territoriale vede oltre il 50% delle istituzioni attive nelle regioni del Nord contro il 26,7% dell’Italia meridionale e insulare; per quanto riguarda i dipendenti, il 57% è impiegato al Nord.
Nel biennio 2015/2016, tra le istituzioni no profit aumentano soprattutto le fondazioni (+16,4%) mentre si percepisce un lieve calo fra le cooperative sociali (-3,3%).
Nonostante il leggero calo delle cooperative sociali, è proprio in questo settore che si concentra la distribuzione dei dipendenti, con il 52,7% impiegato dalle cooperative sociali rispetto al 19,1% dalle associazioni e al 12,1% dalle fondazioni.
In una visione d’insieme, la forma giuridica più “popolare” è l’associazione (85,1%), seguono quelle con altra forma giuridica (8,2%), le cooperative sociali (4,5%) e le fondazioni (2,2%).
Rispetto al 2015, sono in crescita le istituzioni impegnate nelle attività della religione, delle relazioni sindacali e dell’ambiente; risultano in calo i settori della cooperazione e solidarietà internazionale, della filantropia e promozione del volontariato e dello sviluppo economico e coesione sociale.
Nonostante ciò, la distribuzione per attività economica rimane abbastanza stabile. Con il 64,3%, prevale il settore della cultura, sport e ricreazione, seguito da quelli dell’assistenza sociale e protezione civile, delle relazioni sindacali, della religione, dell’istruzione e ricerca e della sanità.
Il dipendente “tipo” delle istituzione non profit è in prevalenza donna (71,9% contro il 40,4% delle imprese), tra i 30 e 49 anni (57,3%), prevalentemente nata in Italia (più dell’85%), con la qualifica di impiegato (54,5%), con orario part time (51,8%) a tempo indeterminato (84,5%).
I dipendenti delle istituzioni no profit hanno livelli d’istruzione superiori rispetto a quelli impiegati dalle imprese.
Le istituzioni non profit hanno beneficiato di sgravi contributivi soprattutto per i dipendenti appartenenti a fasce socialmente deboli rispetto all’ingresso nel mercato del lavoro, come detenuti, disabili e donne svantaggiate (70,8%).
Fonte dati: Istat